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Ivan Cultura Mostra Bellotto Canaletto

Bellotto e il Canaletto, ovvero lo stupore e la luce.

Le Gallerie di Piazza Scala a Milano, di Intesa San Paolo, nella sede dello splendido palazzo che fu sede della Banca Commerciale Italiana, progettato dall’Arch. Beltrami agli inizi del XX secolo, ospitano fino al 5 marzo 2017 la mostra intitolata: “Bellotto e Canaletto, lo stupore della luce”.

Si tratta di un’esposizione che mette in mostra un centinaio di opere dei due grandi vedutisti settecenteschi, legati fra loro non solo dal rapporto maestro-allievo, ma anche da uno stretto vincolo di parentela, essendo il Bellotto nipote del Canaletto.

La mostra intende far luce sulla figura del Bellotto, e del rapporto artistico e professionale con lo zio, considerato il capostipite dell’avanguardia del Vedutismo Veneziano.

Le intenzionalità del progetto vengono sottolineate anche dal rapporto percentuale delle tele in mostra, infatti le opere del Bellotto rappresentano all’incirca quattro quinti del totale dei lavori esposti.

 

All’inizio del XVIII secolo, trascorsi i fasti e le disgrazie del roboante ciclone Barocco, dove la perdita del centro e il desiderio di comprendere l’ignoto, avevano creato opere di inarrivabile tensione emotiva, l’umanità reclamava un ritorno all’ordine e alla razionalità.

Un antico ideale fu dunque ritrovato, quello della Ragione, e monumentali opere come L’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert, unitamente al pensiero stesso di grandi intellettuali come Voltaire e Montesquieu, aprirono le porte ad una nuova epoca, L’età dei Lumi.

 

È in questo clima che, nella prima metà del Settecento, Giovanni Antonio Canal detto il Canaletto, diviene l’esponente più importante della corrente del Vedutismo Veneziano.

Il metodo critico e addirittura scientifico con cui approccia la questione, fanno di lui uno dei più concreti esempi della cultura illuministica europea in campo artistico.

L’utilizzo della camera ottica per lui è solo un aiuto intellettuale, uno strumento per astrarsi e ricondurre l’immagine percepita a quella rappresentata, senza il filtro dell’immaginazione e della fantasia.

 

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Camera ottica esporta alla mostra.

 

Bernardo Bellotto, nipote ed allievo del Canaletto, si differenzia dal maestro per un segno personale, per una maggiore matericità dei tratti ed una resa dei colori e della luce molto differenti. Egli sembra non accontentarsi della rappresentazione della realtà come percezione razionale e perfetta, ma arricchisce le proprie vedute con una sorta di visione personale, di luce aggiuntiva, una luce che rivela colori luminosi e ombre profonde, che indagano non soltanto le caratteristiche fisiche dei luoghi, ma anche quelle emotive.

 

Le opere esposte rivelano allo spettatore la tecnica dei due artisti, che è sublime, eccellente, inarrivabile. Le linee sono sottili, pulite e dritte, la resa della luce e dei colori è sorprendente, di una perfezione mai raggiunta prima, le tele paiono una sublimazione della realtà, che incanta l’osservatore, trascinandolo all’interno del dipinto.
I numerosi visitatori si assembrano davanti alle grandi tele, e sembrano rimanerne incantati. Alcuni si avvicinano nel tentativo di rubare qualche prezioso spicciolo di sapere, nascosto nel minuscolo colpo di pennello, che attraverso il pigmento rivela la luce; altri invece si allontanano, nel tentativo di inquadrare con lo sguardo tutto l’insieme della grande tela, facendosi trasportare dalla forza evocativa dell’opera.

 

Il Canaletto utilizza gli strumenti a sua disposizione come un chirurgo utilizza il bisturi, per operare con precisione assoluta, conscio della responsabilità di cui si fa carico. Attraverso la sua opera arriva a proporre un nuovo concetto espressivo, rovesciando il significato della visione prospettica, così come spiega Cesare Brandi: “La prospettiva del Canaletto non costruisce un’immagine che s’allontana, ma un’immagine che s’avvicina. Il punto di fuga all’orizzonte non attira le sembianze delle architetture e dei paesi per inghiottirle nell’indistinto della distanza, ma piuttosto le fa emergere dall’indistinto verso lo spettatore” (C. Brandi, Canaletto 1960 Mondadori).
Le pennellate decise, il segno incisivo del Bellotto raccontano una “verità” delle cose che passa attraverso la sensibilità dell’artista, un racconto che ha lo scopo di restituire all’osservatore lintensità e la personalità, il carattere intimo dei luoghi.

Più di Canaletto, il Bellotto si dedica ai propri soggetti con l’energia e la forza di chi del proprio soggetto vuole percepire l’anima oltre che l’aspetto, proprio come se invece che vedute fossero veri e propri ritratti (mirabili, in questo senso, le opere che rappresentano il periodo milanese del Bellotto, con le grandiose vedute di Canonica e Vaprio d’Adda).

 

Ogni opera esposta risplende di luce propria, e non è facile per lo spettatore staccarsi da una per dirigersi verso la successiva.

 

 

Interessante anche la parte multimediale, se non altro dal punto di vista antropologico, dove gli spettatori possono indossare dei visori che, attraverso l’utilizzo della realtà virtuale, conferiscono allo spettatore la sensazione di trovarsi all’interno dell’opera stessa, con tanto di figure umane che si muovono e di uccellini che volano nel cielo.

Probabilmente il Canaletto e il Bellotto non sarebbero felici di cotanta innovazione ma si sa, anche di questo si vive, almeno di questi tempi.

 

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Una visitatrice alle prese con il visore per la realtà virtuale.

 

All’uscita della mostra è possibile acquistare il catalogo, ben realizzato, con ottime immagini e di raffinata fattura, con copertina rigida, buona rilegatura e un prezzo tutto sommato accessibile.

 

Un’esposizione davvero molto interessante, che consiglio a chi non l’ha ancora fatto di andare a vedere,  finché si è ancora in tempo (la mostra chiuderà il 5 marzo 2017), perché sarebbe un peccato perdersi un’occasione così importante.

La mostra infatti è una buona opportunità per avvicinarsi, anche senza troppe complicazioni intellettuali, alla grande Arte, ricordando che “È uno straordinario privilegio del nostro Paese possedere un patrimonio culturale e artistico di inestimabile valore, ereditato da lunghi secoli di civiltà” (Gian Maria Gros-Pietro – Prefazione al catalogo della mostra “Bellotto e Canaletto, lo stupore della Luce).

 

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Un bellissimo viaggio, all’interno di un periodo enormemente fecondo per l’intelletto umano, ricco di innovazioni e di strappi con il passato, ma anche una sorta di preludio al secolo successivo; infatti è in questi primi segnali dell’opera del Bellotto, nella sua predisposizione a rivelare il carattere emozionale della sua arte e nella sua parziale separazione con l’opera dello zio-maestro, che si percepisce forse il primo passo verso la successiva grande stagione dell’uomo, quella del Romanticismo.

 

Ivan Scotti

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