Master 1000 Indian Wells 2017 – Re Roger si conferma sul trono.
Indian Wells, al vertice di un triangolo puntato verso il centro del deserto californiano, con l’asse Los Angeles – San Diego come base.
Una terra difficile, con un clima desertico che non aiuta di certo le performance degli atleti, impegnati a rincorrere la magica pallina gialla, soffocati tra la canicola californiana e il bollore del cemento, che surriscalda e ammorbidisce la suola gommosa delle scarpe.
In queste difficili condizioni, nessuno gioca al meglio delle sue possibilità. I gesti sono più lenti, le magliette si appiccicano addosso come enormi meduse bollenti, i muscoli reagiscono con qualche centesimo di ritardo. In questo clima, che ribalta la classica domanda “Se tutti giocassero al meglio, chi sarebbe il più forte?” Roger Federer ancora una volta dimostra di essere un alieno, un angelo caduto dal cielo.
Con Murray e Djokovic fuori dai giochi, Nadal battuto facilmente in due set, il Re approda in finale per affrontare il suo amico-rivale, il connazionale Stan Wawrinka, Stan the man.
La partita inizia con un Federer in grande spolvero, che detta le regole del gioco, con grandi anticipi e colpi vincenti sia di diritto che di rovescio. Wawrinka, più potente ma anche più macchinoso, cerca di arginare i colpi indietreggiando e lasciando molto spazio fra sé e la riga di fondo, decisione che gli si ritorce contro nel giro di pochi game, che vedono il Re chiudere il primo set con il punteggio di 6-4, senza aver concesso nemmeno l’ombra di una palla break.
Il secondo set comincia con un break a favore di Wawrinka, che sembra deciso a non mollare e a riprendere il controllo del gioco. Dopo un tentativo di contro break nel secondo game, Federer riesce a pareggiare i conti al game successivo, riportando il punteggio in parità. La partita continua con un susseguirsi di colpi incredibili e di errori non forzati, dovuti al caldo e alla stanchezza, ma soprattutto alla grande tensione in campo.
Giunti al dodicesimo gioco, al limite del tie-break, sul punteggio di 6-5 in favore dello svizzero più anziano, Federer sfodera ancora una volta il suo repertorio di colpi inarrivabili e piega definitivamente la gambe del solido Stan, arrivando a prendersi il punto conclusivo, il Match Point che gli regala il quinto titolo a Indian Wells e il venticinquesimo titolo Master 1000, un record che ha dell’incredibile soprattutto se consideriamo che, alla soglia dei trentasei anni, Roger Federer è il tennista più anziano a vincere un Master 1000.
Perché Roger è forse il più grande tennista di tutti i tempi? Perché va considerato un alieno, rispetto ai suoi grandi rivali?
La forza e l’unicità di Federer non stanno solo nella bellezza e nell’efficacia dei suoi gesti, che pure rimarranno ineguagliati nella storia del nostro sport, ma anche e soprattutto nel fatto che, alla soglia dei trentacinque anni, dopo un’operazione che lo ha costretto a ritirarsi dalle scene per sei mesi, il nostro eroe ha deciso di lavorare su se stesso e sul suo tennis, migliorando ancora tecnicamente e tatticamente il suo gioco, con la stessa umiltà e lo stesso entusiasmo di un giovane alle prime esperienze.
Il colpo che gli ha permesso di vincere gli Australian Open, e in parte anche Indian Wells, è il rovescio. Quel rovescio che per tanti anni è stato – giustamente – considerato il suo colpo di relativa debolezza. Per non parlare poi dei progressi al servizio e sul piano tattico, un lungo e paziente lavoro di cesello e di ulteriore raffinamento di una capacità di gioco, già di per sé sublime.
È questo che fa di Roger Federer uno dei più grandi talenti di tutti i tempi, la sua voglia di continuare a migliorarsi, la sua capacità di imparare, da se stesso e dagli altri, lavorando senza tregua e con caparbietà per affrontare la vita – e lo sport – impiegando al meglio le grandissime, ineguagliabili capacità, che ha ricevuto in dono, da un magico e benevolo destino.
Ivan Scotti