download                 contattaci
Ivan Cultura Letteratura Sport

Sport e Letteratura, l’unione fa la forza?

Cari amici,

iniziamo con quello di oggi la pubblicazione di una serie di articoli, nella pagina dedicata alla cultura, relativi al connubio tra letteratura e sport.

Si tratta di una serie di segnalazioni, suggerimenti e piccole recensioni di libri che hanno come oggetto lo sport o le arti marziali, o che utilizzano il tema dello sport per suggerire riflessioni che, a volte, vanno ben al di là del soggetto stesso.

 

Il primo libro che voglio proporvi oggi è Il Ki e il senso del combattimento, di Kenji Tokitsu.

 

In questo lavoro, il Maestro Kenji Tokitsu, nato a Yamaguchi (Giappone) nel 1947, avvia una riflessione sul significato più intimo delle arti marziali e, in particolare modo, del karate, di cui ha sviluppato una visione del tutto personale.

Nel libro viene affrontato e sviluppato il concetto di Ki, attraverso una concezione personale della ricerca nelle arti marziali e nel combattimento. Nodo centrale del lavoro di Tokitsu è la nozione di budo, inteso come “una pratica corporea che mira all’autoformazione, unendovi la ricerca di una certa forma di perfezione”.

Nel libro viene descritto il modo in cui l’adepto comincia a percepire il Ki, e come questo può essere utilizzato nel combattimento, e nella vita di tutti i giorni.

Essere sensibili al Ki significa captare il proprio stato mentale attraverso una sensazione corporea. Possiamo trovare in ciò una forma di morale che non è di ordine religioso, ma che è inerente al nostro corpo e che ne origina direttamente.”

In conclusione, una lettura molto interessante che, seppure affrontando un argomento molto specifico – quello del combattimento nelle arti marziali – è ricco di riflessioni che abbracciano una serie molto più ampia di argomenti, che vanno dalla spiritualità alla ricerca della propria crescita come individui.

 

Tokitsu, K. Il Ki e il senso del combattimento. Luni Editrice, Milano, 2002

 

 

Dopo le arti marziali, saltiamo di palo in frasca e passiamo ad un grande scrittore americano, scomparso tragicamente nel 2008, David Foster Wallace.

Il libro in questione è Il Tennis come esperienza religiosa.

 

Inutile sottolineare l’ironia di D.F.Wallace nello scegliere i titoli dei suoi libri, basti pensare anche ad altri libri più famosi dello stesso autore: Considera l’aragosta, Brevi interviste con uomini schifosi, Tennis, Tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più, Infinite Jest, solo per citarne alcuni.

 

Si tratta di un breve testo (meno di 90 pagine) che raccoglie due saggi, precedentemente pubblicati su The New York Tymes Magazine.

Nel primo, intitolato Democrazia e commercio agli US Open l’autore ci narra di un match tra il tennista australiano Mark Philippoussis e l’americano Pete Sampras, nel quale non soltanto descrive, con il suo inconfondibile stile, le caratteristiche e le diversità dei due atleti in campo, ma dipinge un ritratto ironico e spietato della società americana, mettendone a nudo non solo i costumi, ma anche i vizi e le nevrosi.

Nel secondo saggio, che dà il titolo al libro, Roger Federer come esperienza religiosa”, l’autore ci parla della bellezza dei gesti del grande atleta svizzero, della sua apparente estraneità alle miserie e alle fatiche di noi poveri mortali e della sua lotta con il suo rivale di sempre, lo spagnolo Rafael Nadal, sottolineando il confronto omerico tra il puro talento e la forza bruta, toccando vertici di puro lirismo che rimarranno scritti in maniera indelebile nelle pagine della cronaca sportiva di tutti i tempi: “Impossibile descrivere concretamente la bellezza di un fuoriclasse. O evocarla. Il dritto di Federer è una possente scudisciata liquida, il rovescio è un colpo a una mano che lui sa tirare di piatto, caricare di topspin o tagliare – quello tagliato ha un tale nerbo che la palla cambia forma nell’aria e rasenta l’erba più o meno all’altezza della caviglia. Il servizio ha una velocità e un grado inarrivabile di varietà e precisione; i movimenti del servizio sono flessuosi e sobri, si distinguono (in tv) solo per il guizzo anguillaceo dell’intero corpo al momento dell’impatto.” E ancora: “… Roger Federer è uno di quei rari atleti preternaturali che sembrano esenti, almeno in parte, da certe leggi fisiche…Come Ali, Jordan, Maradona e Gretzky, pare allo stesso tempo più e meno concreto dei suoi avversari. Specie nel completo tutto bianco che Wimbledon ancora si diverte impunemente a imporre, sembra quello che – secondo me – potrebbe benissimo essere: una creatura con il corpo fatto sia di carne sia, in un certo senso, di luce.

 

Wallace, D.F. Il Tennis com esperienza religiosa. Giulio Einaudi Editore, Torino, 2012

(Numero letture: 1.030)

Lascia un commento

error: Contenuto protetto!